POMODORI A COLAZIONE

Al mio primo risveglio in terra lusa, dieci anni fa o giù di lì, pensai a uno scherzo di cattivo gusto. Di prima mattina, quando sei ancora stordito dal sonno, dall'emozione e dal jet-lag (un'ora), sentirsi dire dalla propria ospite (Raquel) che sta correndo al lavoro “fai tu, trovi tutto sul tavolo tranne le marmellate, che sono nel frigo” e poi aprire il frigo e trovare barattoli coi pomodori sull'etichetta, ti chiedi a gioco stiamo giocando.

Più o meno andò così: aperto il frigo, vedo un barattolo semivuoto con la scritta doce de cereja e delle ciliegie raffigurate sull'etichetta; accanto, un barattolo bello pieno con la scritta doce de tomate e un bel grappolo di pomodori stampato sull'etichetta. Ebbi un fremito di disgusto all'idea di accompagnare il caffelatte con pane e conserva. Poi però prevalse la mia innata attrazione per le esperienze estreme e mi feci coraggio: affondai un cucchiaino nel barattolo (l'esperienza estrema) e via, o la va o la spacca. E fu amore a primo assaggio.

In qualunque supermarket o negozietto, scamuffo o gourmet, troverai, accanto ai classici gusti alla pesca o all'amarena, anche i barattoli di marmellata di pomodoro e marmellata di zucca (doce de abóbora). Nettari da intenditori: in un caso lo zucchero annulla l'acidità del familiare pomo che siamo abituati a vedere riversato sulla pasta o nella parmigiana di melanzane; nell'altro viene esaltata la naturale dolcezza della zucca, sapientemente controbilanciata da un lontano sentore di zenzero.

Adesso, inutile dirlo, a Lisbona mi faccio regolarmente di marmellata di pomodoro e di marmellata di zucca, e poi ne faccio incetta per uso personale prima di imbarcarmi per l'Italia. Finora i cani antidroga dell'aeroporto non mi hanno ancora detto niente.