Non dev'esser stato
affatto male fare il re in esilio. Ti svegli la mattina e fai
colazione davanti all'oceano, poi magari vai in spiaggia a fare un
po' di talassoterapia ed elioterapia, a pranzo sei ospite di qualche
altro nobile decaduto, nel pomeriggio passeggi sul lungomare o fai un
salto nella vicinissima capitale e la sera ti attardi in party
trasgressivi e molto chiacchierati. Da quanto ho desunto dalle mie
ricerche pomeridiane (e ricostruito con la mia malevola
immaginazione), la vita di Umberto II di Savoia in esilio a Cascais
non doveva poi essere così male.
Sappiamo (cioè: spero tu
lo sappia) che Umberto II, detto anche “re di maggio” perché
sedette sul trono al Quirinale poco più di un mese tra maggio e
giugno 1946, scelse come destinazione per il suo esilio vita natural
durante, dopo essere stato detronizzato a seguito del referendum per
antonomasia, le ridenti spiagge di Cascais. Un po' perché il
Portogallo aveva già dato asilo al suo trisnonno Carlo Alberto, un
po' perché il Paese era rimasto neutrale durante la guerra, un po'
per altri motivi che non conosco, la scelta cadde su quella località
che la sua presenza contribuì a rendere ambita dal jet-set nei
decenni a venire.
Al suo arrivo in
Portogallo, il re si stabilì temporaneamente in una residenza della
facoltosa famiglia Pinto Basto (l'attuale Villa d'Este), per
poi trasferirsi nella villa che fece costruire sulla
scenografica e impressionante Boca do Inferno, battezzata
naturalmente Villa Itália (che
negli ultimi anni, dopo decenni di abbandono, è diventata un
lussuoso albergo con spa). Nel frattempo sua moglie Maria José e il
figlio si erano trasferiti a Ginevra, e in seguito partirono anche le
tre figlie, lasciandolo da solo a Cascais.
Qui divenne una personalità di riferimento, grazie alla sua attività
di benefattore, di divulgatore della cultura italiana, di donatore di
opere d'arte a musei, ma anche grazie all'intensa vita mondana che
conduceva. Non tornò mai in Italia, visto che una legge abrogata
solo nel 2002 vietava ai Savoia di calpestare il suolo italico, e
morì a Ginevra, dove era andato a curarsi un cancro, nel 1983.
Potremmo chiudere qui, ma
siccome Lisbon storie è un blog orgogliosamente pettegolo, non si
possono tacere le scappatelle rigorosamente gay che l'ex sovrano si
concedeva (qualche anno fa il suo illustre e telegenico discendente
si prodigò a smentire tali voci, come se l'omosessualità fosse cosa
disdicevole). Particolarmente imbarazzante fu la testimonianza che un
umile cameriere, interrogato per l'omicidio del giovane nobile Carlos Burnay, che nel 1952 scosse l'opinione pubblica, depose
per scagionarsi: la notte dell'omicidio stava facendo un partouze con
il re d'Italia e il ministro degli Esteri (cfr. “Máscaras de Salazar”, pag. 245 o qui). Pare
anche che, essendo il re scampato a una violenta aggressione durante
uno dei suoi abituali battuage notturni, Salazar in persona avesse chiesto
alla polizia di vigilare i comportamenti più imprudenti del sovrano
(ibidem, pag. 251). Non dimentichiamo che stiamo parlando di qualche
decennio fa, quando gli orientamenti sessuali non convenzionali,
dittatura o non dittatura, erano guardati con scarsa benevolenza. Per
fortuna il Portogallo ha fatto passi da gigante in questo senso. È
in qualche altra nazione, forse, che siamo rimasti un po' indietro.
Gran pezzo!
RispondiEliminaGrazie mille, querido/a!
EliminaInteressantíssimo ! Avevo udito qualque rumore sopra l'omosessualita del sovrano ma cui ci sono particulare molto piu precise e sapide ...
RispondiEliminaGrazie, François. In effetti i riferimenti che ho trovato sono molto precisi. Hai capito il nostro re che birichino? :-D
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