giovedì 9 febbraio 2012

TAGO. NEL BLU DIPINTO DI BLU


Lisbona è una città fatta di case, di tetti, di fiori e soprattutto d'acqua. Ha un nome, quest'acqua salmastra che la circonda, la nutre e la fa essere una delle città più belle del mondo: Tago. Tejo.

C'è un rapporto simbiotico tra Lisbona e il Tago: l'una non è concepibile senza l'altro, specchio dell'identità collettiva di una metropoli, metafora del suo rimescolio di razze e genti nell'incontro dell'acqua dolce con quella dell'oceano. L'aria, la luce, le correnti del Tago influenzano la città che respira le sue essenze d'estuario.

Il fiume più lungo della penisola iberica arriva a Lisbona dopo mille chilometri di percorso contaminato dagli spagnoli, e questo non piace molto ai portoghesi. Però siccome lo spettacolo che offre è mozzafiato, allora i portoghesi ci passano sopra. Appena prima di arrivare nella capitale l'estuario si apre fino a raggiungere una larghezza di una dozzina di chilometri e assumere le sembianze di un piccolo mare, che infatti viene chiamato Mar da Palha, Mare della Paglia, a causa dei detriti vegetali trascinati dalla corrente.

Guardare il Mar da Palha dal miradouro das Portas do Sol o da quello di Santa Luzia, in cima all'Alfama, è una delle esperienze che danno un senso alla vita. Il cielo, nei rari giorni in cui è plumbeo, lascia filtrare una luce che specchiandosi nell'acqua la fa scintillare come se fosse disseminata di lapislazzuli. Nei giorni assolati, invece, diventa una superficie in cui l'azzurro del cielo si riflette moltiplicandosi e diventando abbacinante, soprattutto d'inverno quando i raggi del sole cadono obliqui e rimbalzano bassi.

Più avanti, all'incirca all'altezza del Terreiro do Paço o praça do Comércio che dir si voglia, l'estuario si restringe all'improvviso fino a una larghezza di circa due chilometri. Qui il panorama diventa più urbanizzato, con i moli del Cais do Sodré e di Alcântara a ridosso dei quali si susseguono rimesse, uffici del porto e magazzini. E una manciata di chilometri più avanti, benvenuti all'oceano.

Attualmente il Tago non gode di ottima salute, nonostante i recenti programmi di risanamento e l'istituzione di una riserva naturale all'inizio dell'estuario. I lisboeti ancora attendono il ritorno dei delfini, che fino a qualche decennio fa saettavano numerosi in questo specchio d'acqua. Nell'attesa, intanto, si godono il loro Tago pescando, facendo canottaggio e soprattutto vivendo il meraviglioso lungofiume. Ma di questo ti parlerò un'altra volta.

2 commenti:

  1. Sì, è proprio un rapporto intimo, quello di Lisbona con l'acqua.

    ps mi son sempre chiesta se quei pesci pescati da Cais do Sodré a Belém finiscano in padella...

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  2. ah ah ah! Sì, elle, in effetti me lo sono chiesto spesso anch'io... In realtà mi pare di ricordare che qualcuno li ributta nel fiume dopo averli pescati. Mi pare :-)

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