Se ti propongono di mangiare orecchie d'abate, pancia di suora o bava di cammello, non inorridire. O meglio: se non sei in Portogallo inorridisci pure, ma se sei da queste parti devi solo avvisare il fegato del superlavoro che lo aspetta. Perché, nonostante i nomi che evocano riti da tregenda, questi sono soltanto alcuni dei numerosissimi dolci conventuali che riempiono i banconi delle pasticcerie, il reparto dolci dei supermercati e gli stomaci degli ingordi.
Doces conventuais, dolci conventuali sono quelle prelibatezze elaborate dal XV secolo nei numerosi conventi femminili portoghesi. Gli ingredienti base sono sempre gli stessi, zucchero e tuorli d'uovo, ma evidentemente le suore, per evitare d'impazzire di clausura, si sfogarono lavorando di fantasia nell'invenzione di un incredibile numero di variazioni sul tema. Non pensare che assaggiato uno, assaggiati tutti: ciascuno di essi ha un sapore, una consistenza e una fisionomia propri e quindi non sono intercambiabili, anche perché alcuni prevedono il connubio con ulteriori ingredienti, come le mandorle, il cioccolato, la vaniglia o altre amenità.
A detta della mia amica Eduarda l'origine di questi dolci è dovuta al massiccio uso di albumi che le vanitose consorelle facevano per inamidare le loro tuniche. Naturalmente avanzavano centinaia di tuorli che andavano pur utilizzati. In realtà, facendo delle ricerche all'uopo, non ho trovato traccia di questa suggestiva teoria. Tuttavia ho avuto conferma del fatto che lo zucchero, fino al secolo scorso piuttosto raro, non mancava nei conventi portoghesi poiché massicciamente importato dalle loro colonie, a conferma del ruolo di padrone del mondo che questo piccolo lembo della penisola iberica esercitava in quei secoli. Quindi era anche un modo per ostentare abbondanza (pure superbe, le suore). Da qui il fiorire di invenzioni da lavanda gastrica come fios de ovos (fili d'uovo), toucinho do céu (lardo del cielo), papos de anjo (gozzi d'angelo), suspiros (sospiri), beijinhos de freira (bacini di suora), trouxas-de-ovos (fagotti d'uovo) eccetera -oltre alle citate orelhas de abade, barriga de freira e baba de camelo-, fino a superare abbondantemente le cento varietà.
Eduarda però, bontà
sua, mi ha raccontato anche un altro aneddoto sul tema. Qualche anno
fa suo fratello, che abita a Londra, le chiese di inviarle cinque
chili di ovos moles (uova molli),
squisiti dolcetti originari di Aveiro poco più grandi di un dattero,
con una superficie d'ostia e il ripieno di tuorlo e zucchero
sapientemente lavorati. Sono sublimi, ma vanno consumati al ritmo di
uno all'anno per non rischiare carie, epatite, colesterolo e diabete
tutti insieme. Eduarda invia a Londra i cinque chili di dolcetti ma
due giorni dopo riceve la telefonata del fratello. Immagino che la
conversazione si sia svolta pressappoco così:
- Eda, sono in
ospedale.
- Oddio, ch'è successo?
- Non so, ieri mi è girata la testa e sono crollato a terra.
- Oddio, ch'è successo?
- Non so, ieri mi è girata la testa e sono crollato a terra.
- E come mai?
- Mah, forse sono stati gli ovos moles che mi hai spedito l'altro giorno.
- Non è che erano andati a male?
- Macché, erano buonissimi: li ho mangiati tutti!
- Mah, forse sono stati gli ovos moles che mi hai spedito l'altro giorno.
- Non è che erano andati a male?
- Macché, erano buonissimi: li ho mangiati tutti!
Solo alle orsoline di dolci nemmeno l'ombra... Voglio le ricette per finire l'opera di intrippamento in atto!!!
RispondiEliminaValeria
Fossi in te andrei dalle orsoline e farei una vibrata protesta. Suoracce!
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