Se quando senti parlare di fado
immagini vecchie sdentate e pelose avvolte nello scialle nero o vecchi
avvinazzati che sputacchiano pezzi di tabacco, stai sbagliando di
grosso. Il fado, a Lisbona e in tutto il Portogallo, vive un’eterna giovinezza
che ha per lo più le belle sembianze dei ventenni che ne perpetuano la
tradizione.
Il fado, se ti sei appena
sintonizzato su Lisbon storie e ti sei perso qualche fondamento di cultura lusitana,
è la musica popolare portoghese che canta la malinconia, la tristezza, il
destino (fado vuol dire fato, destino). Ma canta anche l’allegria, l’amore,
Lisbona o altre città, quindi non è necessariamente quella musica lagnosa che pensai di ascoltare
quando il mio orecchio non era ancora abituato a tale genere. Infatti a un
primo approccio le melodie possono sembrare ripetitive e deprimenti, ma appena si
entra nel mood giusto si riesce ad apprezzare il fado per quello che è: un bellissimo
genere popolare che ha forgiato l’identità collettiva portoghese.
Sicuramente saprai che l’ambasciatrice
per eccellenza del fado nel mondo è stata Amália Rodrigues, scomparsa nel 1999,
al contrario invece non saprai che a ravvivare la tradizione sono soprattutto
baldi giovani e belle ragazze che fanno gavetta nelle tascas della Mouraria (il
quartiere in cui sarebbe nato il fado), di Alfama o del Bairro Alto. Proprio come
quei tre che ho visto cantare poco più di un mese fa in un tour delle bettole della
Mouraria organizzato da un’associazione culturale del quartiere: lui era un
timido venticinquenne con lineamenti aristocratici che cantava con le mani in
tasca svirgolando come Lando Fiorini; la bionda, anche lei brava, era più
simile a una modella che pubblicizza cosmetici; la mora era un po’ meno
avvenente, col suo nasino vagamente suino, ma con una voce e un’interpretazione
che stendevano.
I più tenaci e talentuosi poi non si fermano alle tascas ma arrivano ad esibirsi nei più prestigiosi teatri del mondo. Come è successo per esempio a Dulce Pontes o, in maniera ancora più vistosa, a Mariza, tallonata dalle varie Mafalda Arnauth (foto), Ana Moura, Carminho e via gorgheggiando. Più o meno tutte mediamente belle, di una bellezza misurata e senza sbavature.
Ti dirò di più: gli alfieri della
rinascita del fado non sono solo i venti-trenta-quarantenni, ma anche gli
imberbi. Nella trasmissione “Uma canção para ti”, versione portoghese del nostro
programma per criptopedofili “Ti lascio una canzone”, i bambini, a differenza
dei loro colleghi ottenni e novenni italiani costretti a cantare torbide e
malsane canzoni di amori fuori dalla propria portata, interpretano (anche) i grandi
classici del fado portoghese, instillando l’amore per (o quanto meno l’abitudine
a) questo genere di musica anche in chi ha appena smesso di poppare.
La rinascita è stata poi istituzionalizzata
a livello mondiale poco più di un anno fa, quando l’Unesco ha decretato il fado
patrimonio immateriale mondiale dell’umanità, con grandi festeggiamenti in
tutto il Portogallo. Inutile dire che ormai il fado è materia di studio nelle
università, protagonista di festival ed eventi culturali e pseudoculturali, di bieche
operazioni turistico-commerciali, di strategie di marketing anche in ambiti
poco pertinenti, nonché di bislacchi post di blog su
Lisbona.
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