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La prima volta che soggiornai per
un lunghissimo periodo a Lisbona, dieci anni fa o poco più, non parlavo ancora
portoghese e perciò comunicavo con tutti in inglese. Così facevo con Eduarda,
che si sforzava di farsi capire nonostante le sue limitate conoscenze della
lingua di Shakespeare. Mi ricordo che un giorno, a Belém, mi biascicò un
episodio storico di cui capii soltanto le parole: strage, sangue, terreno,
sale. Come un moribondo in un film horror. Anni dopo ho capito.
Per quanto mi è dato sapere la storia
portoghese non abbonda di episodi cruenti. Però ce n’è uno di cui restano le
vestigia proprio dietro la famosissima pasticceria che da generazioni ingrassa
torme di turisti in odor di obesità. A Belém, infatti, c’è un anonimo vicoletto,
il beco do Chão Salgado (del suolo salato), in cui campeggia un piccolo
obelisco accompagnato da una lapide. Qui si consumò uno dei momenti più tragici
e sanguinolenti della lunghissima storia del regno di Portogallo: la strage
della famiglia Távora. È un doloroso episodio che divide ancora oggi gli
storici portoghesi per cui, non essendo io né storico né portoghese, non posso
che fornirne un resoconto sommario e lacunoso.
Una notte del 1758 il re Dom José
I faceva ritorno dalla casa della sua amante, moglie di un erede della famiglia
Távora, nel suo sontuoso accampamento ad Ajuda, vicino Belém, dove si era
stabilito con tutta la sua corte dopo il recente terremoto. Fu sorpreso da un’imboscata
a cui tuttavia riuscì a sfuggire. Subito partirono le indagini e tre sicari,
identificati pochi giorni dopo, confessarono di essere stati assoldati dalla
famiglia dei Távora, che a detta di questi stavano cospirando per rovesciare il
trono in favore di un proprio consanguineo. I tre furono impiccati senza troppi
complimenti, ma nonostante la dubbia attendibilità di questa confessione, il
primo ministro Sebastião José de Carvalho e Melo, futuro Marquês de Pombal, la vide
come un’occasione da prendere al volo per mettersi in buona luce con il re e
far abbassare la cresta a tutta la nobiltà portoghese, che non aveva buoni
rapporti con la corona.
Quindi, risoluto com’era, fece
incarcerare i cinque membri della famiglia dei Távora, li espropriò di tutti i
beni e qualche giorno dopo si procedette, a Belém, alla pubblica tortura ed
esecuzione dei malcapitati: prima gli furono spezzate braccia e gambe, poi
furono decapitati, infine messi alle fiamme e le ceneri buttate nel Tago. Poi,
perché la lezione fosse chiara a tutti i nobili, il loro palazzo a Belém fu bruciato
e il terreno sul quale sorgeva fu cosparso di sale affinché non vi crescesse
più nemmeno un filo d’erba. Fu proibito pronunciare per sempre il nome dei Távora
e costruire alcunché sul loro terreno salato. L’episodio scosse oltremisura l’opinione
pubblica, e la stessa principessa Dona Maria I non digerì mai tale violenza
tanto che decenni dopo, una volta diventata regina, al Marquês de Pombal tolse tutti i
poteri e lo espulse da Lisbona.
Oggi, a memoria di questa pagina
nera di storia, resta la colonna che fu fatta erigere poco dopo l’eccidio. I
cinque anelli che lo ornano ricordano le cinque vittime e una lapide alla base riporta
l’episodio e ammonisce: in questo luogo non si potrà erigere mai più nessun
edificio. La cosa buffa, però, è che la colonna è accerchiata di edifici. Tra
cui, grazie al cielo, quello che ospita la Confeiteria de Belém, per rifarsi la
bocca dopo una storia tanto amara. Anzi, salata.
hai capito il marques! mi sta decisamente meno simpatico ora...
RispondiEliminamacabra questa, davvero :/
Eh già. E il bello è che, se ho ben capito, uno dei giustiziati era il marito dell'amante del re. Capito? Cornuto e molto più che mazziato!
EliminaQui si parla di Ajuda, ed allora ci metto anch'io il becco, ché sono bairrista :)
RispondiEliminaQuesta storia è rimasta negli annali per la sua efferatezza, e o Marquês in realtà non sta tanto simpatico ai portoghesi, in quanto fu praticamente un despota (diciamo che divide ancora oggi l'opinione pubblica).
Una mattina di un anno fa stavo al banco del pesce qui nel quartiere, quando l'amica della pescivendola cominciò a parlarci di lei (di origini catalane, ma vivente qui da sempre), della Lisbona di un tempo, e c'infilò anche questa storia, sottolineando la violenza del Marquês e aggiungendo che la vicina Igreja da Memoria (un posto dove passo quasi tutti i giorni) si chiama così perché fu edificata proprio in ricordo dell'attentato al re fallito.
O Marquês tra l'altro adesso riposa lì (al riparo dai profanatori della sua tomba, evidentemente).
Da Ajuda è tutto, passo e chiudo.
Ciao elle
Eliminache piacere rivederti! :-)
Presto allora farò un pellegrinaggio alla igreja da Memoria. Voglio vederlo da vicino questo bel tomo.
Questa dei Tàvora non la sapevo,grazie per l'informazione.Devo però dire due cose.I pasteis di Belem sono molto buoni e il Marques di Pombal non era soltanto una cattiva persona.E' l'uomo che ha ridisegnato Lisbona e ne ha fatto una città moderna.
RispondiEliminaPrego :-)
EliminaIn effetti non so se il Marques de Pombal fosse una brava persona. Di certo però è stato un grandissimo statista. Ne ho parlato anche qui:
http://lisbonstorie.blogspot.it/2012/07/il-marchese-del-piccione.html