Tempo fa, mentre me ne tornavo a casa passando per una stradina dell’Alfama, il mio sguardo fu risucchiato da quello di una signora molto avanti negli anni, ferma sull’uscio ad aspettare qualcuno con cui attaccare bottone. Io le dico bom dia, lei mi risponde bom dia e mi chiede, molto educatamente, se sono portoghese. Io le rispondo di no, ma che parlo portoghese. Allora lei, tradendo un po’ di pudore, mi chiede se posso aiutarla a decifrare i destinatari di alcune lettere che ha in mano “perché, vede, non so leggere”.
Più o meno la stessa cosa mi successe un paio di anni fa a
una fermata dell’autobus ad Alcântara:
un tizio molto male in arnese, sicuramente originario delle vicine baracche del
Casal Ventoso, mi chiede di avvisarlo
all’arrivo dell’autobus per una certa destinazione perché –detto stavolta con
la massima disinvoltura possibile- “non so leggere”.
Questo è stato, ed è tuttora, il vero grande problema del
Portogallo: l’analfabetismo. La ragione è nota: la dittatura. Più di
cinquant’anni sotto il giogo del fascismo di Salazar, oltre a ridurre la
popolazione a uno stato di estrema arretratezza e di isolamento totale, lasciarono
come retaggio un analfabetismo diffuso, rappresentato ancora oggi da anziani
che sono la testimonianza vivente di come una dittatura possa fare danni che si
protraggono ben oltre la sua durata (a oggi, quasi quarant’anni). L’analfabetismo
era una strategia politica di Salazar, il quale vedeva nel diffondersi
dell’istruzione una sorta di corruzione della purezza dell’animo rurale
portoghese, non avvezzo secondo lui a tale decadente raffinatezza.
Un bel guaio. Ancora l'anno scorso, secondo l’Unesco, oltre il 5%
dei portoghesi, evidentemente quasi tutti anziani, non sapeva leggere né
scrivere, dato questo che collocava il paese non molto in alto nella relativa classifica
mondiale, a debita distanza dalle altre nazioni europee. La cosa peggiore però,
sempre parlando di classifiche, è che la pesante zavorra di analfabetismo ha
fatto sì che negli ultimi anni il Portogallo sia stato superato, nell’Indice diSviluppo Umano e nel PIL pro capite, sia nominale sia per potere d'acquisto, da molti paesi dell’est Europa (come la
Repubblica Ceca, la Slovenia, l’Ungheria) che, pur avendo una storia di
democrazia molto più breve, e pur non essendo stati avvantaggiati dall’opulenza
degli anni Ottanta e Novanta, di cui il Portogallo ha comunque beneficiato, hanno
rapidamente risalito la china. Forse anche perché il comunismo, nonostante tutti
i suoi sfracelli, non ha seminato analfabeti per strada come il fascismo di
Salazar.
Oggi naturalmente le generazioni di analfabeti vanno
scomparendo e la popolazione al di sotto dei cinquant’anni è normalmente
alfabetizzata come negli altri paesi europei, anzi in genere è più
poliglotta di noi, dal momento che parla un inglese corretto e spesso anche un’altra
lingua (benché anche qui ci siano problemi di abbandono scolastico come in Italia). Tuttavia non bisogna dimenticare che, per chi analfabeta non è mai
stato, è in agguato l’analfabetismo di ritorno, in Portogallo come in qualunque
altra nazione occidentale. E forse per contrastare entrambi i tipi di
analfabetismo –quello totale e quello di ritorno-, da ormai diversi anni su
RTP1, la prima rete della televisione nazionale, va in onda una striscia
quotidiana, “Bom português”, in cui la gente viene interrogata a
bruciapelo per strada su elementari questioni linguistiche: dalla corretta
ortografia di una parola al corretto uso di una preposizione o alla corretta
coniugazione di un verbo. Ogni giorno una domanda diversa. Volendo
italianizzarli, sarebbero quesiti del tipo: “spiagge” si scrive con la i o
senza la i? È corretto dire: “l’inondazione è dovuta alle piogge intense” o
“l’inondazione è dovuta dalle piogge intense”? “Redatto” è il participio
passato del verbo “redigere” o “redarre”? Se ne sentono delle belle. E ogni
volta che mi capita di vederla, mi dico che una trasmissione del genere sarebbe
molto utile anche in Italia. È necessario che ti spieghi il perché?
È proprio vero, l’analfabetismo di ritorno in Italia è scandaloso e ho la sensazione che se ne parli troppo poco! Certo, non capita che signore avanti negli anni ti chiedano di leggere le etichette dei prodotti al supermercato, come mi è successo più volte a Lisbona.:(
RispondiEliminaAbbraccio, Monica