sabato 3 novembre 2012

O TERRAMOTO, O TERRAMOTO!


Una delle prime cose che ho fatto appena preso possesso della mia nuova casetta e averla arredata e corredata comme il faut in modo da non sfigurare su un ipotetico servizio su Casabella, è stato stipulare un’assicurazione che copra tutti i danni e tutti gli imprevisti, incluso quello che mi spaventa di più: il terremoto. Perché forse non lo saprai, ma le analogie di Lisbona con San Francisco non si fermano al ponte metallico, ai tram e alle colline ripide, ma continuano con la loro infelice predisposizione ai terremoti devastanti.

Il mio amico Paulo me lo ricorda sempre: siamo in una zona altamente sismica e continuano a fare case di cartapesta. E in effetti se penso a come le vecchie casette (come la mia, delle nuove non mi interessa) affastellate sulle colline potrebbero sbriciolarsi se dovesse arrivare non the big one, ma anche solo the small one, mi viene un lungo brivido di paura. La città sarebbe completamente distrutta come già accadde quel mattino del primo novembre 1755.

All’epoca Lisbona era, con Napoli, Parigi e Londra, una delle città più cosmopolite e fastose d’Europa e quindi del mondo. Feste, eventi mondani e lusso caratterizzavano le serate dell’aristocrazia lisboeta: tutto spazzato via nel giro di pochi secondi da una scossa di 9 gradi della scala Richter e, poche ore dopo, quando i superstiti pensarono che l'ammonimento divino fosse stato chiaro, da uno tsunami che distrusse ulteriormente quello che c’era da distruggere (ma che almeno spense gli incendi scoppiati in seguito alle numerose candele accese). Si salvarono inspiegabilmente solo il quartiere di Alfama e quello di Belém, nonché l’acquedotto das Águas Livres, che rimase intonso. Il bilancio? Facile immaginarlo: decine di migliaia di morti e di senzatetto.

L’Europa, sconvolta dalla distruzione di una delle sue più importanti città (impressionò anche Voltaire e Kant), s’interrogava su come sarebbe stata condotta la ricostruzione. Per fortuna c’era lui, il primo ministro Marquês de Pombal, niente a che vedere con Silvio, che disse "ci penso io" e ci pensò per davvero: prese in mano la situazione, e gestì l'emergenza e la ricostruzione dando un nuovo volto alla città attraverso innovativi principi architettonici e urbanistici che decenni dopo furono ripresi anche da Haussman a Parigi e da Cerdà a Barcellona.

Però dopo il terremoto Lisbona perse il suo ruolo geopolitico egemonico che l’aveva caratterizzata nei due secoli precedenti, certo non per colpa del disastro ma per i mutati scenari nello scacchiere delle potenze mondiali. E mutata era anche la fisionomia della città, con strade più larghe, quartieri in pianta ortogonale e i primi sistemi fognari. Rimase solo, a ricordo del cataclisma, lo scheletro della chiesa do Carmo, in pieno centro, mai più ricostruita. Puoi vederla ancora oggi mentre sorseggi un caffè nel largo do Carmo. Largo che ha tante altre storie da raccontare.

2 commenti:

  1. Commento questo vecchio post ma li ho letti praticamente tutti. Como as cerejas, umas atrás das outras! Complimenti! Hai un lisbonstorie-adepto!
    A Lisbona ci sono finito per studio, poi per amore... poi per la maledetta saudade che non mi lascia mai! Sempre con la testa in quella direzione.

    Approfitto per segnalarti anche che, a meno di repliche di cui non sono a conoscenza, è del 1755 e non 1775 come si legge in alcuni tuoi post (ti aiuto, li trovi qui compreso questo http://lisbonstorie.blogspot.it/search?q=1755)

    Fabio

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    1. Ciao Fabio
      grazie per i complimenti. Bello il paragone con le ciliege, anche se i post di Lisbon storie, al contrario delle ciliege, non fanno venire l'indigestione :-D

      Grazie per la segnalazione dell'errore di battitura. A volte il dito indugia sul 7, altre sul 5, e a questo punto nemmeno io ricordo più qual è l'anno esatto de l terremoto. Meno male che posso contare sull'aiuto dei lettori più attenti, come te ;-)

      Obrigado!

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