domenica 29 gennaio 2012

CHE BEL VEDERE NEL BELVEDERE DI SANTA CATARINA!

Fonte: qui

Qualche giorno fa alle undici sono uscito di casa per concedermi una breve pausa dall'impegnativo ozio mattutino. Ho percorso poche decine di metri e sono arrivato in uno dei posti più popolari della città: il miradouro de Santa Catarina. Mi sono seduto a un tavolino del chioschetto e ho preso un caffè e un queque (pron. kek), una specie di cupcake dalla pasta spugnosa e asciutta.

Il miradouro de Santa Catarina è, tra i tanti belvedere della città, sicuramente il più frequentato dai lisboetas, soprattutto nel tardo pomeriggio, quando orde di giovani e meno giovani vi si riversano per bere una birra al chioschetto e/o farsi una canna in santa pace. L'atmosfera è sempre piacevolmente rilassata. Non manca nessuno: accanto alla jeunesse dorée di Lisbona, ci sono punkabbestia che suonano i bonghi, spacciatori di colore indaffarati, universitari e dirigenti, creativi, artisti e intellettuali, bancari o imprenditori in giacca e cravatta o in tailleurino, turisti spaesati ma deliziati. E poi, immobile come si conviene a una statua, si erge l'Adamastor, il mostro che abitava il Capo di Buona Speranza e di cui Luís de Camões narra nel suo capolavoro I Lusiadi, caposaldo della letteratura portoghese, Odissea del Cinquecento dedicata ai grandi navigatori lusitani.

Ad animare ulteriormente il miradouro, di recente si sono aggiunti due bar, ormai frequentatissimi. Uno è il Noobai, con le sue due terrazze sospese sui tetti del quartiere di São Paulo e sul panorama mozzafiato. L'altro, pochi metri più su, è il bar ristorante dell'attiguo Museu da Farmácia, con un giardino privato che si affaccia sul miradouro e sul Tago.

L'altra mattina però, quando sono andato, non era ora di punta. C'erano solo un paio di turisti solitari che leggevano il giornale, due studentesse che studiavano e spettegolavano, l'Adamastor che quello là sta e là rimane, un paio di spacciatori in pausa mattutina che si lasciavano baciare dal sole e un demente che imprecava contro quelli che lasciano le bottiglie vuote per terra e contro i netturbini che non le raccolgono. E poi c'era il panorama: di fronte l'immensità del Tago azzurrissimo sotto un cielo altrettanto azzurro nel quale scintillava una foschia impercettibile che  lo rendeva ancora più luminoso e a tratti abbacinante; a occidente, le case pastello dei quartieri di Lapa e Madragoa aggrappate le une alle altre e di tanto in tanto punteggiate dal verde di un patio nascosto tra i tetti; e in fondo, verso l'oceano, la figura sinuosa e sontuosa del ponte XXV Aprile, degna cornice dello spettacolare estuario.

E allora mi sono detto: che cosa vuoi di più dalla vita? (E scusa se sono volgare, ma l'amaro Lucano ce fa 'na pippa.)

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