mercoledì 28 maggio 2014

BREVE CORSO DI ANTROPOLOGIA LISBOETA

Fonte: qui

Osservare la gente è, tra le occupazioni più inutili, sicuramente una delle più divertenti. Quindi ti propongo un passatempo da sfaccendati D.O.C. quali siamo: con la scusa di prendere un caffè o una ginjinha, sediamoci alla esplanada di un chiosco qualsiasi della città e io ti dico che tipo di lisboeta ci passa davanti.

Per esempio guarda questo tizio! A Roma lo chiamerebbero coatto, anche se i coatti romani non sputacchiano di continuo e non hanno un accendino perennemente nella mano come questo. Braghe calate, un boné (berretto) calcato in testa, un incomprensibile slang masticato come fosse pastilha elastica (chewing-gum) e vistose patacche disseminate sul vestiario: siamo di fronte a un esemplare di chunga (detto anche rasca).

Ora guarda questa coppietta che passa. Entrambi con una ben pettinata zazzera lunghetta, abiti vagamente Ralph Lauren o Tommy Hilfigher (ma possono essere di qualsiasi altra marca classic-fighetto), e interessi mondano-sportivi che gravitano intorno allo Estoril Open. Chi sono? Sono i betinhos, da Beto, diminutivo di Roberto, tipico nome proprio affibbiato ai rampolli della buona borghesia. Tradotto in romano, equivalgono più o meno ai pariolini.

E questa signora? È avanti negli anni, puzza un po' di pesce e per come parla e si presenta potrebbe essere una chunga, con cui ha enormi affinità antropologiche. Del resto in famiglia sicuramente ha figli o nipoti chungas, ma essendo di un'altra generazione e avendo l'abitudine di grigliare le sardine per i vicoletti del suo quartiere, sicuramente è una varina. In origine la varina era la pescivendola che la mattina vendeva il pescato davanti alla sua porta di casa, ma ormai con l'espressione si designano le sguaiate anziane del popolino. Vaiasse, le chiamerebbero a Napoli.

E a proposito di popolino, quando ti vuoi riferire all'indistinta moltitudine plebea, quella che si muove come si muove la corrente, puoi utilizzare l'efficace espressione arraia miúda. Letteralmente si tratta delle piccole razze (raia o arraia) che si muovono in enormi branchi compatti nell'oceano, come appunto la folla senza idee né opinioni se non quelle somministrate da maître-à-penser da quattro soldi. Anche in Italia abbiamo enormi masse di arraia miúda.

Ma adesso attenzione, facciamo un'acrobazia di censo. Vedi questa vistosamente ricca signora ingioiellata, abbronzata e che parla con la bocca a culo di gallina? Sicuramente abita a Cascais o a Estoril (o anche al Restelo o verso l'avenida de Roma) e, se ha sgravato, i suoi figli sono indubbiamente betinhos: si tratta di una tia (zia). Il suo habitat naturale? Oltre alle spiagge della linha (da Carcavelos a Cascais), si muove nelle boutique della capitale nonché nelle spa e nei ristoranti degli hotel dell'avenida da Liberdade a consumare carte di credito che attingono a conti correnti senza fondo. A loro la crisi fa un baffo.

La crisi fa un baffo anche a questo tizio losco, lo vedi? Sembra un mafiosetto o giù di lì che opera sull'orlo della legalità, è un gran maneggione e magari evade pure le tasse. Si tratta di un Chico-esperto, letteralmente Ciccio furbo (Chico è il diminutivo di Francisco) e, dalla definizione che ne dà il vocabolario, trattasi di individuo che si crede più furbo degli altri e che persegue il vantaggio personale a scapito della collettività. Ma... siamo ancora a Lisbona o siamo stati catapultati in Italia?

7 commenti:

  1. Bellissimo post. Conoscevo solo i betos, ma non l'origine del nome :)

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    1. Grazie, mariantonietta! La fonte dell'etimo di beto è la mia affidabilissima prof di portoghese: chi meglio di lei? :-)

      Ma piuttosto: che piacere rivederti da queste parti!

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  2. ti manca il "tòtò" o "antonio" :)

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    1. Graziano, è sempre un piacere leggere i tuoi post....mi sembra di essere là, nella mia amata Lisbona.

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  3. Graziano, io sapevo che tia si traducesse in zitella. Confermi? In caso contrario, come si dice zitella?

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