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Costa da Caparica. Per
me venire qui è come fare una gita. In genere a Lisbona mi muovo coi mezzi
pubblici, quindi il viaggio per questa sconfinata spiaggia di oltre dieci
chilometri e larga più di un centinaio di metri, benché duri in tutto più di
un’ora, è sempre una gioia per gli occhi e per l’umore.
Metro fino a Praça de
Espanha, da lì un autobus, passando per lo scenografico ponte XXV de Abril, arriva
in poco più di venti minuti nella repellente cittadina costiera di Caparica,
una specie di Torvajanica uscita male. Dopodiché, ignorando i lidi a ridosso
dei palazzi, frequentati da moltitudini di coatti da cui stare alla larga, si
prende il trenino a cremagliera dalle sembianze infantili che ogni mezz’ora
percorre nove chilometri di costa per lasciar scendere nella sua ventina di
fermate le varie tipologie di turisti.
Le prime fermate sono
appannaggio delle famigliole con figliolanza, poi man mano che si procede scendono persone alla ricerca di un
grado di tranquillità sempre maggiore, fino ad arrivare alla spiaggia 19,
quella in cui vado anch’io, molto frequentata da gay e naturisti e soprattutto
selvaggia e senza nemmeno l’eco di uno stabilimento balneare. Oltre c’è solo la
spiaggia di Fonte da Telha, verso la quale non mi sono mai avventurato ma che
pare sia l’ideale per mangiare pesce appena pescato nelle due o tre bettole a
pelo d’acqua.
La giornata passa così
tra bagni di sole, silenzio, il vento a volte benevolo a volte no, tuffi in
oceano, se le onde lo permettono. Ribadisco infatti che quando ci si bagna da
queste parti bisogna prestare la massima attenzione alla forza delle onde e
alla temperatura dell’acqua: troppe volte, soprattutto nelle prime domeniche
della stagione estiva, ho letto di morti affogati o congestionati su queste
spiagge.
Quando ormai la pelle e
i capelli sono riarsi dal sole e dalla salsedine e il girovita si è
assottigliato perché come dice il mio dottore l’aria di mare accelera il
metabolismo epiteliale, quindi figuriamoci quella d’oceano, arriva il momento
più bello della giornata: il ritorno. Sono le sette e mezza di sera, il sole si
avvia al tramonto e ce l’ho di fronte, proprio a nord-ovest. Arriva l’ultimo
trenino ormai semivuoto che raccatta gli ultimi bagnanti arruffati e man mano
che procede tra le dune ti offre lo stesso spettacolo della mattina ma sotto
una luce diversa e senza gli echi della pur sparuta folla. La spiaggia chilometrica
è vuota, affollata solo da stormi di gabbiani che si danno convegno sul
bagnasciuga. Più avanti altri stormi galleggiano nell’aria: decine di kitesurfer
punteggiano il cielo coi loro aggeggi colorati e baluginano sotto la luce
obliqua del tramonto. E anche le vecchie casette di legno, quelle modeste ma
romantiche costruzioni color pastello dei pescatori che si susseguono man mano che ci si avvicina alla
città e che adesso ospitano turisti dai modi spartani, sembrano invitarti a
trovare refrigerio tra le sue fragili pareti.
Infine, quando sono già
sull’autobus per Lisbona, arriva il momento clou, quello sul ponte: a sinistra
l’oceano, a destra la città, dappertutto il blu e l’arancio del tramonto.
Che meraviglia, mi sembra di essere tornata lì col tuo racconto!
RispondiEliminaGrazie, Mercoledì :-)
Eliminaho visualizzato tutto!
RispondiEliminaNel senso che ci sei già stata, suppongo :-)
Eliminaanche io salto a piè pari i lidi a ridosso dei palazzi, ma il bagno in quelle gelide acque proprio non riesco a farlo!
RispondiEliminaeh sì, lo spettacolo al ritorno sul ponte bisogna goderselo!
Dimmi dove non sono gelide le acque in Portogallo (forse solo in Algarve) :-)
EliminaSono stata nel parque del sudoeste alentejano/ costa vicentina (ma sempre Alentejo) e sono persino risucita a bagnarmi...miracolo!!
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